Storie di ordinaria Burocrazia

Il 24 maggio 2018 alle ore 8:15 del mattino nel comune di Roma, vengo svegliato dal suono del campanello. Vedo dal videocitofono due Carabinieri in divisa, contemporaneamente altri tre ufficiali in borghese controllavano il retro della casa. Mi vesto, con crescente preoccupazione varco l’uscio di casa, mi reco al cancello e lo apro, tenendolo socchiuso con il piede per avere uno scambio dialettico riguardo le motivazioni che li avevano portati a me. Loro mi chiedono di poter entrare per un controllo, di rimando chiedo di poter visionare il mandato di perquisizione e loro pur ammettendo di non averlo con se, pretendono comunque di entrare facendo riferimento all’Art. 41 del Reggio Decreto 773/1931 (modificato dal Art. 103 della legge 309/90);

“… gli agenti della polizia giudiziaria, che abbiano notizia, anche se per indizio, della esistenza, in qualsiasi locale pubblico o privato o in qualsiasi abitazione, di armi, munizioni o materie esplodenti, non denunci…”

Provo a chiedere di poter visionare le “prove” del legittimo sospetto che gli permetterebbero di entrare in una proprietà privata (vedi sentenza n.48552 del 18 novembre 2009-VI sezione PENALE):

“…la polizia giudiziaria non può procedere d’iniziativa ad una perquisizione finalizzata alla ricerca di armi e munizioni ai sensi dell’art. 41 r.d. n. 773/1931 sulla base di un mero sospetto, ma esclusivamente in presenza di un dato oggettivo certo…”

A questo punto le Forze dell’ordine (FFOO) cominciano ad essere meno tolleranti e mi invitano caldamente ad aprire il cancello altrimenti rischio l’accusa di osteggiamento e oltraggio a pubblico ufficiale. Cerco di farli ragionare facendoli accomodare nel giardino di casa, chiedo agli ufficiali di identificarsi (sapendo che solo in presenza di ufficiali giudiziari la perquisizione è legittimata), nel momento in cui mi negano questo diritto prendo la decisione di attirare l’attenzione dei vicini essendo ben consapevole degli innumerevoli abusi compiuti dalle FFOO in maniera arbitraria. Comincio ad urlare con aria spaventata: “Aiuto dei terroristi vogliono rapirmi”. L’atmosfera cambia, i carabinieri rimangono basiti alla vista di uno pseudo criminale che invoca l’aiuto dei privati cittadini italiani riguardo la mancanza di tutela dei diritti fondamentali (vita, libertà e proprietà privata). Dopo un momento di perplessità vedo esibire i documenti identificativi e tra questi risulta esserci un ufficiale giudiziario. Fatti i convenevoli burocratici, chiedono di entrare in casa e controllare che non ci siano altre persone, a quel punto pretendo di poter chiamare il mio avvocato, compongo il numero e l’ufficiale mi prende il cellulare di mano, ci parla personalmente in mia presenza. Chiusa la comunicazione riesco ad ottenere la presenza di un testimone.

Quando apro la porta, un profumino di ganja si espande con forza dalla casa, vedo illuminarsi gli occhi delle FFOO. Immediatamente mi chiedono di indicargli la stanza da dove proviene la fragranza, gentilmente li accompagno in cucina, apro la dispensa dove tenevo l’infiorescenza di cannabis già esiccata divisa per varietà in diversi barattoli per un totale di 776 grammi, con un principio attivo di THC dal 21,7 al 24,7%. Ad ogni ritrovamento metto in evidenza che la suddivisione è stata fatta per varietà e non per peso, e da questo se ne può dedurre l’esclusivo uso personale.

A questo punto mi chiedono se detengo altra “sostanza”, io con naturalezza indico il frigo. Nel surgelatore trovano 3 panette di hashish autoprodotte, di peso variabile per un totale di grammi 164, con un THC variabile dal 35,8 al 38,2%. seguitando a fare domande pressanti riguardo a tutto ciò che avevo in casa, ritorno in soggiorno e indico una borsa contente 41 bustine per un totale di 1,837 kg di fiori e semi con un THC allo 0,18% confezionate e marchiato ass. Canapa Info Point. Questi fiori, frutto della coltivazione legale fatta dall’associazione nel comune di Saracinesco (RM) e parte del progetto Saracinesco in Canapa venivano usati per uso dimostrativo nelle fiere e negli eventi dove andavamo a sensibilizzare cittadinanza sulle proprietà della Cannabis Sativa L.

Oramai infastiditi dalla mia appena sufficiente collaborazione, cominciano a cercare nella zona notte, ed e lì che scoprono le stanze adibite a serre per la coltivazione di cannabis. Nel bagno uno stendibiancheria usato per seccare le piante appena tagliate dell’equivalente di 507 grammi. L’innaspettato odore nella zona giorno non era abituale, mi ero dimenticato di posizionare lo stendi biancheria nel vano con l’areazione. A questo punto aprono tutte le camere e trovano una cameretta adibita a stanza mamme, vegetativa e taleaggio,163 piante di canapa certificata (Eletta Campana, Carmagnola, FibraNova, Santhica) pronte per essere messe a dimora legalmente, in campo aperto. Ma è quando aprono la porta della camera matrimoniale che restano allibiti, l’intera stanza era adibita a growroom, la stanza era quasi vuota, c’erano rimaste 16 piante (9 con un tenore di THC > al 20% e 7 con un tenore di THC < 0,2%) a fine fioritura, ma dal numero dei vassoi e dal numero di lampade non hanno proprio più creduto all’uso personale ed hanno cominciato a chiedermi per chi coltivassi o a chi vendessi la sostanza.

Vista la mole di materiale da sequestrare, sono costretti a mandare una pattuglia per requisire un furgone di una ditta di trasporti della zona per caricarlo il materiale sotto sequestro.

Invece di destinare la Lola, il mio cane al canile comunale, la lasciano per mia fortuna in affido ai vicini ed io vengo scortato alla caserma dei Carabinieri, nella quale vi dimorerò per ben due giorni in attesa di processo. Anche in questa circostanza per “ deformazione professionale” ho continuato a fare l’attivista, approfitto di questo tempo per cercare di sensibilizzare ogni appuntato sui benefici della cannabis e dei suoi derivati legali e non, istruendo le forze dell’ordine sulla storia di questa pianta che ha accompagnato il genere umano dagli albori della specie sino ad oggi.

Forse per questo o forse per la mia reazione all’arresto, ma devo ringraziare questi carabinieri per avermi trattato (per quanto possibile) come un cittadino facente parte del popolo sovrano e non come un pericoloso criminale senza possibilità di appellarsi alla legge . L’unico rammarico che ho e che si sono rifiutati di chiamare un medico per valutare la veridicità della ricetta medica che avevo con me per l’acquisto di 15g di cannabis terapeutica (sono un paziente in cura ufficialmente dal 2016), la mancanza di terapia e lo stress della situazione hanno fatto si che quei due giorni sembrassero interminabili.

Quando finalmente ho avuto l’udienza,il giudice mi ha permesso di esprimere le motivazioni (per circa 40 min.) che mi avevano spinto con lungimiranza a commettere il reato, vista la totale assenza del farmaco dalle farmacie , testimoniata anche dal mal contento dei pazienti di tutta Italia.

Ho potuto spiegare che nel 2012 ho inviato una comunicazione ufficiale presso molte istituzioni italiane quali: la corte costituzionale, al capo dello stato, e ai vari ministeri coinvolti dall’argomento e alla quale nessuno ha mai risposto, commettendo un illecito. Il giudice ha avuto la possibilità di ascoltare il mio curriculum vitae da attivista e il lavoro svolto nel corso degli anni ed è cosi giunto ad esprimere un giudizio obbiettivo nei miei confronti che non collimava con l’accusa di spaccio (accusa annullata solo nell’ udienza del 28/09/2018).

Il Giudice delibera gli arresti domiciliari presso l’abitazione dei miei genitori a Trieste, e mi concede di potermi recare autonomamente con mezzi propri da Roma a Trieste (680 km), con la prescrizione di non poter comunicare con nessuno fino all’udienza di settembre; ordinanza abbastanza anomala per il reato commesso.

A tutt’oggi non so (e non mi è dato a sapere) per quale motivo reale siano venuti presso la mia abitazione, so solo che non si aspettavano minimamente di trovare una coltivazione e/o detenzione di cannabis.

Nei 4 mesi passati ai domiciliari ed altri tre mesi , con l’obbligo di dimora,ho potuto constatare che molte cose sono cambiate dagli anni della legge detta Fini-Giovanardi (Legge incostituzionale 2006-2014), ho potuto coltivare legalmente un centinaio di piante di canapa certificata, per continuare le mie ricerche, e non mi è stato tolto il diritto al farmaco, anche se ha causa dell’alto costo per l’approvigionamento del farmaco ho dovuto ridurre del 50% la somministrazione giornaliera, con tutte le sue ripercussioni sulla mia salute psicofisica.

Oggi siano in attesa dell’accetttazione del ricorso in appello, per rivendicare il diritto di ogni cittadino che ha dubbi giurisprudenziali o costituzionali a ricevere ufficiale risposta così da non essere istigato per mezzo del silenzio assenso a commettere reati che la giurisprudenza è obbligata a sanzionare.

Il mio rammarico è che il giudice non abbia accettato la mia richiesta costituzionale di essere trattato come membro di una minoranza del genere umano, portatore di un sistema endocannabinide recettivo ai cannabinoidi.

i fatti dell’arresto di Markab Mattossi in data 24 maggio 2018