Comunicato stampa Cannabis Social Forum

Alla cortese attenzione di:

Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo

Ministero della Salute

Ministero degli Interni

Ministero di Grazia e Giustizia

Ministero dello Sviluppo Economico

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Ufficio della Presidenza della Repubblica

 

Oggetto: Comunicato stampa Cannabis Social Forum

 

A seguito dei sequestri di prodotti derivati dalla pianta della canapa avvenuti negli ultimi mesi in tutta Italia, il settore canapicolo italiano si è coordinato, radunando tutti gli esponenti della filiera nazionale: associazioni, produttori, commercianti, legali, ricercatori e politici.

Roma, il giorno 22 dicembre si è tenuto il più grande incontro di esponenti del settore Cannabis Sativa L.: i protagonisti si sono confrontati sulle contrastanti interpretazioni istituzionali, per sopperire alla mancanza di una chiara e univoca regolamentazione.
È nato il CANNABIS SOCIAL FORUM per rispondere alle esigenze di una realtà attiva fin dal 1998. Questo primo raduno, grazie al prezioso contributo di tanti soggetti a vario titolo implicati, è stato testimonianza del quadro italiano del settore canapicolo ed è stato integralmente ripreso da Radio Radicale.

video integrale: https://www.radioradicale.it/scheda/561373/tavola-rotonda-per-accomunare-tutti-i-soggetti-che-hanno-lobbiettivo-di-salvaguardare

 

L’emanazione della legge 242/16 (“Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”) aveva come obiettivo del legislatore, la promozione della coltivazione e della filiera dell’intera pianta da cui è possibile derivare alimenti, infiorescenze, cosmesi, bioedilizia, tessili e carta naturali ed ecosostenibili che, con i giusti impianti di trasformazione, potrebbero contribuire notevolmente all’economia circolare.

Si è quindi creato un nuovo mercato, trainato certamente dalle infiorescenze, ma ricco anche di prodotti alimentari, cosmetici e altro. Abbiamo puntato i riflettori sulle conseguenze di alcune lacune della 242/16: l’assenza di norme chiare pregiudica infatti il settore e la sua filiera e ostacola la creazione di fondamentali impianti di trasformazione (per estrazioni alimentari, tessile, carta).

Vogliamo porre all’attenzione delle istituzioni il forte stimolo produttivo consequenziale alla legge 242/16. “Secondo Coldiretti il giro d’affari dei soli produttori di canapa in Italia è arrivato in pochi mesi da zero a 40 milioni di euro l’anno nel 2017. Gli ettari sono passati dai 400 del 2013 ai 4 mila. Ma ancora lontani dai 100 mila ettari di canapa che coprivano le pianure italiane fino agli anni 50, quando l’industria delle fibre sintetiche ha scalzato quella della produzione artigianale dei tessuti in canapa. Su queste coltivazioni poi è calata la scure della legge sulle sostanze stupefacenti del 1961”.  agi.it

Molti imprenditori hanno investito nella canapa, nella produzione di infiorescenze o massa vegetale da estrazione, con tanti settori annessi, creando un importante indotto con laboratori di analisi, macchinari specifici, prodotti agricoli, aziende che forniscono materiali per il confezionamento, aziende che forniscono marketing e molto altro ancora. Ottenendo risultati economici molto interessanti e creando posti di lavoro.

Il silenzio da parte delle istituzioni e la circolare Mipaaf del 22 maggio 2018 (https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeAttachment.php/L/IT/D/3%252Ff%252F9%252FD.e565faab7c81510f51e2/P/BLOB%3AID%3D12648/E/pdf) hanno ulteriormente incentivato l’esplosione di attività legate alla canapa in questo ultimo anno.

I cittadini hanno contribuito a un boom che dovrebbe far riflettere le istituzioni anche sulla esigenza di maggiore legalizzazione da parte della cittadinanza stessa che desidera approcciarsi a un prodotto lecito e sicuro e che sembra essere ben consapevole del fatto che le infiorescenze di cannabis siano meno nocive di prodotti assolutamente legali in Italia quali nicotina e alcol.

La legge 242/16 non esclude le infiorescenze e stabilisce la tolleranza del THC in Italia fino allo 0,6%; in un primo momento erano quindi commercializzati tutti i prodotti che non superassero questa soglia. Vogliamo ricordare inoltre che secondo giurisprudenza precedente alla legge 242/16 e secondo i medici forensi, una percentuale di principio attivo THC entro la soglia dello 0,5% non è “stupefacente”.

Oggi però il settore vede minati i suoi investimenti con possibili gravi ricadute sul fronte occupazionale. La situazione è divenuta incerta persino per i prodotti che non superano lo 0,5% di THC dopo le azioni non coordinate di alcuni PM e magistrature che hanno portato a diversi sequestri e denunce richiamando (a nostro parere non legittimamente) la legge 309/90 sugli stupefacenti.

Il tutto accade dopo che diverse sezioni della Suprema Corte di Cassazione hanno promulgato alcune sentenze basate su un’interpretazione restrittiva della legge, al contempo difformi tra loro, che portano a un’ulteriore confusione in merito alla legge 242/96.

Crediamo che la questione non sia risolvibile sulla base della sola legge 242/16, ma che la liceità di coltivazione e vendita dei derivati debba essere regolamentata anche in base all’effettiva efficacia drogante: “Come noto, ai fini dell’integrazione del reato di detenzione e vendita di sostanza stupefacente, di cui all’art. 73 del D.P.R. 309/90 – oggi contestato in ciascuno dei procedimenti penali nei quali sono stati disposti i sequestri probatori e preventivi a carico degli operatori del settore – assume rilievo la concreta idoneità offensiva []. Tale assunto è stato più volte ribadito proprio dalla Suprema Corte di Cassazione la quale ha precisato come non possa ritenersi leso il bene giuridico tutelato dalla norma in esame (art. 73 D.P.R. 309/90) allorquando la sostanza non sia idonea a produrre un “effetto stupefacente” in concreto rilevabile sicché il giudice è tenuto a verificare in concreto se il fatto abbia effettivamente leso o messo in pericolo il bene e/o l’interesse tutelato. Il reato di cui all’art. 73 del D.P.R. 309/1990, pertanto, sarebbe integrato solo nell’ipotesi in cui il principio attivo contenuto nei prodotti sequestrati sia di entità tale da poter produrre una modificazione dell’assetto neuropsichico del consumatore. Quanto all’individuazione del c.d. tasso soglia drogante, i Giudici di legittimità hanno recepito le conclusioni della più accreditata letteratura scientifica, anche internazionale, secondo la quale la Cannabis ed i suoi preparati attivi (hashish, marijuana e olio di hashish) assumono natura di sostanza stupefacente solo allorquando la concentrazione in essi di tetraidrocannabinolo/ Delta-9-THC superi lo 0,5%.” (Nicola Capozzoli, Avv. Cassazionista https://www.sigmagazine.it/2018/12/cannabis-cassazione/)

 

Per dare quindi a migliaia di cittadini onesti la possibilità di lavorare con regole precise e permettere ai consumatori la certezza del prodotto acquistato e di essere nel lecito, si rende opportuno chiarire alcuni punti importanti.

Tra i vari vuoti legislativi, sono di comune sofferenza:

  • le opacità in merito alla destinazione d’uso dei derivati della pianta e delle infiorescenze;
  • le opacità in merito al florovivaismo e alla legittimità a cavallo tra le leggi 242/16 e la 309/90  di produzione e vendita di prodotti contenenti un principio attivo non “stupefacente” ;
  • la mancanza di regolamentazione delle soglie di principio attivo ammesse negli alimenti;
  • la mancanza di regolamentazione per gli impianti di trasformazione e per lo smaltimento del principio attivo che mina la creazione di impianti di trasformazione in Italia e che costringe gli operatori a rivolgersi all’estero.

 

Chiediamo:

Che venga chiarita una destinazione d’uso delle infiorescenze.

Al Ministero dello Sviluppo economico in particolare si chiede una categoria commerciale per le parti della cannabis sativa l. non classificate (alimentare, vegetale da vaporizzare o altro).

Chiediamo che l’Italia si conformi ad altri Stati riconoscendo l’uso umano e veterinario di tutti i derivati della canapa con un limite di THC congruo in base alla tipologia di prodotti messi in vendita – con l’atteso decreto promesso nella legge 242/16 art.5 – diviso per categorie dedicate all’uso: industriale, alimentare e per consumatori maggiorenni.

Norme chiare che non permettano un eccessivo spazio di interpretazione della legge e che quindi non diano agio a sequestri preventivi di prodotti legali, applicando la 309/90.

È per noi fondamentale inoltre la possibilità di utilizzare cloni o talee per la coltivazione delle piante di cannabis, nello specifico per la produzione di infiorescenze dette “cannabis light”, con una soluzione per i diritti di royalty: questo permetterebbe di poter controllare al meglio la qualità del prodotto e il tenore di THC, senza il rischio per coltivatori e commercianti di superare le soglie di THC.

Chiediamo di specificare quali siano i requisiti per le aziende italiane che vogliano concorrere alla produzione di cannabis terapeutica, per far sì che l’Istituto Chimico Farmaceutico di Firenze non sia costretto ad acquistare dall’estero le quantità che non riesce a garantire ai pazienti italiani; la Regione Lombardia e la Regione Lazio hanno già votato a favore della produzione della cannabis terapeutica nei loro territori.

Chiudiamo ponendo l’attenzione di tutti uno studio della University of York che ha provato a stimare quanto la concorrenza della “cannabis light” abbia sottratto introiti al mercato illegale. È stato studiato proprio il fenomeno della liberalizzazione della cannabis in Italia e si è stimata una perdita per le organizzazioni criminali di almeno 160-200 milioni di Euro annui. Questi risultati supportano la posizione secondo cui, anche in un breve periodo di tempo e con un sostituto imperfetto (la cannabis light non stupefacente), la fornitura di droghe illegali da parte del crimine organizzato viene sostituita dall’ingresso di rivenditori legali  (https://www.york.ac.uk/media/economics/documents/hedg/workingpapers/1815.pdf?fbclid=IwAR2n4AT_41wsep6EvM9TfpZZsqumYrx3AbATjIO2FZiIhd0rd3YXsWyQtoM)

Questa collaborazione tra tutti gli attori del settore ci ha permesso di delineare gli obiettivi comuni in modo da confrontarsi più efficacemente con le istituzioni ed ha aperto le porte a strade future da percorrere insieme. Un grande impegno per il Cannabis Social Forum, che perseguirà i suoi obiettivi senza indugio per la salvaguardia dei propri associati, della salute pubblica, della legalità, della sostenibilità economica e della sostenibilità ambientale.

 

Cannabis Social Forum

cannabissocialforum@gmail.com – per info Marta: +39 3922982242

Scalo San Lorenzo n°30, Roma